lunedì 13 novembre 2017

step (R): I rischi della diga artificiale

Sono diversi i rischi che coinvolgono la diga artificiale.
Il rischio che ha più probabilità di incidenza è quello delle perdite economiche che la costruzione di una diga comporta senza che essa svolga a pieno le funzioni per cui è stata realizzata. La diga artificiale Hoover, invece, rappresenta uno dei pochi esempi al mondo di grande opera funzionale e dai benefici effettivi (fu addirittura conclusa con due anni di anticipo e un risparmio complessivo di quasi 15 milioni di dollari).

Diga di Hoover

Si tratta, però, di un’eccezione come dimostra un recente studio condotto dall’Università di Oxford, secondo il quale le grandi dighe sinora realizzate dall’uomo si sono quasi sempre rivelate dei progetti infrastrutturali pericolosi. Esse rappresentano infatti un investimento a rischio che, nella maggior parte dei casi, hanno frenato la crescita delle economie in via di sviluppo a causa degli enormi costi previsti per la loro realizzazione.

 Su 245 dighe costruite tra il 1934 e il 2007 analizzate dallo studio – che ha tenuto conto solo delle opere che superano i 15 metri di altezza ("le Grandi Dighe")-, è stato riscontrato che nella maggior parte dei casi è stato sforato il budget in media del 96% e che in generale i lavori si sono dilungati per circa otto anni.

 Con una crescita del consumo energetico del 56% da qui al 2040 (la stima è dell’International Energy Outlook), è d’altronde comprensibile che la produzione di energia idroelettrica continuerà a rappresentare un traguardo sempre più ambito. Senza dimenticare che oltre il 90% dell’energia rinnovabile a livello mondiale è connessa direttamente al lavoro delle dighe (fonte Commissione Internazionale delle Grandi Dighe).

 Secondo i ricercatori di Oxford queste megainfrastrutture però oltre a non rispettare gli equilibri ambientali delle aree in cui vengono costruite, si traducono in investimenti non convenienti rispetto al rapporto qualità/prezzo (o qualità/efficacia). L’eccessivo utilizzo di cemento armato le rende dannose per l’effetto serra, in quanto generano un’enorme quantità di carbonio (basti pensare che la vegetazione esposta alle cisterne delle dighe genera metano, venti volte più potente del biossido di carbonio sul piano dell’inquinamento atmosferico).

Come detto, le riserve non mancano anche dal punto di vista economico. Un esperto di International Rivers sostiene che investire in pochi enormi progetti idrici non è ragionevole tanto quanto lo sarebbe investire su diversi ma più piccoli progetti, in quanto i radicali cambiamenti climatici in corso potrebbero alterare gli equilibri ambientali incidendo ad esempio sull’andamento delle precipitazioni e rendendo di conseguenza la futura utilità di tali costruzioni una vera e propria incognita. Senza contare poi che una diga non terminata (fosse pure completa al 99%) non è utilizzabile. È il caso della diga brasiliana di Belo Monte, che rischia di passare dai 14,4 miliardi di dollari previsti per il suo completamento a oltre 27 miliardi. E situazioni simili si stanno verificando anche nel Laos (Xayaburi Dam), in Vietnam (Lai Chau Dam), Etiopia (Grand Ethiopian Renaissance Dam), che rischiano di essere schiacciati dal peso degli esorbitanti prestiti contratti per realizzare questi lavori.

Il quadro ritratto dai ricercatori di Oxford è dunque chiaro. Nonostante gli innegabili benefici (produzione di energia e acqua potabile, creazione di posti di lavoro e interventi regolatori in caso di siccità o eccessiva piovosità), la realizzazione di grandi dighe rischia di presentare più punti sfavorevoli che positivi. E se a ciò si aggiunge che in molti casi la costruzione di questi giganti  è anche motivo di contenziosi tra Stati (l’ultimo caso eclatante è la crisi diplomatica in corso tra Etiopia ed Egitto per la Grande diga etiope), forse sarebbe meglio rivalutarne la fattibilità. O almeno questo è quello che spera il governo egiziano.

 Il rischio idrogeologico legato alla presenza, in un determinato territorio, di invasi (“rischio diga”), è legato alle eventuali alluvioni delle zone di valle determinate da:
- manovre dei relativi organi di scarico in concomitanza o meno di eventi alluvionali legati ad eventi meteorologici (fenomeno controllato);
- possibili collassi o cedimenti delle strutture principali o accessorie degli sbarramenti artificiali (fenomeno accidentale/incontrollato).
In Italia la Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 luglio 2014, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale in data 4/11/2014, sostitutiva della circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri 19 marzo 1996, n. DSTN/2/7019, ha recato nuovi indirizzi operativi per l’attività di protezione civile nei bacini in cui siano presenti grandi dighe, stabilendo, per ciascuna diga, le specifiche condizioni per l’attivazione del sistema di protezione civile e le comunicazioni e le procedure tecnico-amministrative da attuare:
- nel caso di "Rischio Diga", cioè rischio idraulico indotto dalla diga, conseguente ad eventuali problemi di sicurezza della diga, ovvero nel caso di eventi, temuti o in atto, coinvolgenti l'impianto di ritenuta o una sua parte e rilevanti ai fini della sicurezza della diga e dei territori di valle;
- nel caso di "Rischio Idraulico a valle", cioè rischio idraulico non connesso a problemi di sicurezza della diga ma conseguente alle portate scaricate a valle, ancorché ridotte per laminazione, ovvero nel caso di attivazione degli scarichi della diga stessa con portate per l'alveo di valle che possono comportare fenomeni di onda di piena e rischio esondazione.

I comuni, i cui territori possono essere interessati da un'onda di piena originata da manovre degli organi di scarico ovvero dall'ipotetico collasso dello sbarramento, prevedono nel proprio piano di emergenza comunale o intercomunale una sezione dedicata alle specifiche misure di allertamento, diramazione dell'allarme, informazione, primo soccorso e assistenza alla popolazione esposta al pericolo derivante dalla propagazione della citata onda di piena, attività da svolgere il supporto della prefettura-UTG, della provincia e della regione.
Per quanto riguarda il sistema di allertamento, esso viene definito nel caso in cui il Comune sia compreso in un territorio che può risentire della presenza della diga e degli effetti indotti da essa.
In particolare, in seguito all'approvazione della nuova pianificazione d'emergenza dighe, l'allertamento degli enti locali sarà prerogativa del Servizio di Protezione Civile Regionale, attivato dal Gestore delle acque dell'invaso, secondo lo schema seguente:




Recentemente, per il caso della diga di Campotosto, è venuta alla ribalta anche il rischio terremoto per una diga in quanto quella abruzzese è costruita al di sopra di una faglia sismica. I terremoti che han colpito il centro-Italia nel 2016 hanno portato alla luce la possibilità di una rottura della diga che, però, secondo le verifiche dell'Enel non ha subito danni e non è a rischio rottura con conseguente inondazione dei paesi a valle.
Diga di Campotosto

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